8 marzo: non festeggio

Incominci a cercare una donna o un uomo che possa creare un certo insieme organico con te, una unità nella tua vita, in modo che questa carenza costante, questo qualche cosa che manca, questo pesante senso di incompletezza nel tuo essere venga rimosso” (Osho) 

Ancora una volta, ogni 8 marzo, mi ritrovo da tempo immemorabile a scrivere che io non “festeggio” questa giornata. In realtà oggi stavo pensando che fosse una fisima della “Strega Transurfer” libera da vincoli e stereotipi che sono diventata, ma in realtà rileggendo diari e post ho scoperto che lo facevo già a 14 anni e quindi mi sono detta che sono sempre stata “irrecuperabile”, almeno per quello che la sceneggiatura ci richiede. 

Scherzi a parte io veramente questa celebrazione non l'ho mai riconosciuta. Non capisco l’usanza degli uomini di regalare la mimosa proprio in questo giorno. Mi sembra che quotidianamente la realtà ci dica che le donne non hanno nulla da "festeggiare", però poi arriva l’8 marzo e tutta questa cultura di “morte del femminile” (in senso generale e simbolico) viene azzerato. 

In realtà la domanda da porsi è: siamo solo di fronte a una cultura di morte del femminile? O piuttosto non è un  fenomeno molto più ampio che, come sempre, viene giocato a livelli che non riusciamo e comprendere con la ragione e che non ci rende possibile “vedere” cosa realmente questa realtà distopica ci sta mostrando?

In ognuno di noi è presente una parte di Anima (l’immagine del femminile interiorizzata dall’uomo) e Animus (l’immagine del maschile interiorizzata dalla donna) che ci permettono di essere uomini e donne in una infinità varietà di modi possibili senza necessariamente rispondere a modelli e stereotipi di “come” bisogna esserlo. Ma questo non significa l'annullamento della "identità". Oggi la sceneggiatura ci richiede di essere “fluidi” o “liquidi” innescando un meccanismo di indifferenziazione che porta ad un ibrido che nulla a che fare con l’Uno della realizzazione alchemica. Essere uomini o donne ed entrare in una relazione che coniughi questi “opposti” significa creare una unità che mantenga la propria identità archetipica, arricchendosi dei talenti dell’una e dall’altra forma: il principio maschile del “logos/ragione” e il principio femminile dell’ “eros/sentire”. Questi due poli enegetigi insieme danno vita alla figura simbolica universale dell’Androgino (dal greco Άνδρος , uomo e Gyne, donna), simbolo della totalità, ovvero della congiunzione e delle “nozze spirituali” del maschile e del femminile come forze che bilanciano non solo il nostro Se’ Superiore, di cui sono massima espressione, ma l’armonia dell’intero universo. Completezza e totalità attraverso una serie di “differenziazioni” che permettono di evolvere, all’intero progetto del creato e a tutte le sue “creature”. E quella dei “sessi” è solo la “differenziazione tendente all’unità” più evidente. 

Essere quindi “individui” è la realizzazione piena del progetto della creazione, di cui noi siamo parte, non passiva, ma attiva e collaborante. Il termine individuo infatti significa “non-diviso”, essere umano intero, inscindibile, originale.

La sceneggiatura ci invita oggi a dare definizioni, categorie di Patriarcato e  Matriarcato inserite nell’inconscio collettivo, come immagini del maschile e del femminile, il cui prodotto è l’eliminazione di entrambe le figure sia sul piano antropologico che in tutte le categorie esperienziali e cognitive in ogni ambito, da quello personale, alle relazioni di coppia, ma anche familiari e sociali. La domanda che mi pongo continuamente, da studiosa della realtà in base al dato simbolico è a chi giovi questa “eliminazione”. Al di là degli stereotipi (appunto) il maschile/paterno è temporalità, tradizione, (il “Senex” junghiano della continuità dei valori di base della vita umana), il senso (e quindi le verità da scoprire in tutte le esperienze della nostra vita), l’identità dei figli (maschi o femmine che siano). E potremmo continuare.  Eliminare i “talenti” del maschile/paterno, è togliere una parte fondamentale a quella unità dell’individuo che è nel progetto del creato e che contrubuisce al suo fluire armonico.

D'altra parte, l’elemento femminile/materno, conservativo, protettivo e sostentatore si coniuga con il suo opposto proprio per creare in questo connubio forza (femminile/materna) e sostanza (maschile/paterna) e consentire così all’individuo che ne scaturisce la capacità di scegliere, accogliere la vita e costruire consapevolmente la propria realtà. La Grande Madre, incarnazione dell’intero cosmo e di ogni forma di vita, forza creativa per eccellenza si completa con il suo opposto e quindi la pretesa del “patriarcato” di comandare è ontologicamente sbagliata quanto la pretesa del “matriarcato” di escludere il maschile.

Forse una individualità separata e frammentata è più controllabile e "colmabile" da qualsiasi cosa possa riempire quel “vuoto”? Forse la preparazione all'individuo immortale del transumanesimo tende ad un divino indifferenziato, privo di forma e di sostanza?

Sono domande di cui occuparsi senza preoccuparsi. Ma di occuparsene, non solo per la nostra libetà di essere, ma il fluire dell'intero evolversi del creato.

Ricordiamoci sempre che nell'impostare la nostra realtà, un grande ruolo lo giocano le nostre convinzioni limitanti. Quindi prima di tutto OSSERVIAMO BENE NOI STESSI E LA REALTA' e cerchiamo di capire quello che, profondamente, ci impedisce di realizzarci come “individui”, provando ad abbandonare gli stereotipi e le convinzioni limitanti/pendoli, come la "festa" della donna, che ci impediscono di dirigerci verso la direzione che la nostra anima ci suggerisce.

Ecco perché non “festeggio” l’8 marzo.

Almeno secondo me ????