Costellazioni o modalità costellative?

Recentemente con la seconda stagione di Another Self, la serie turca che parla delle dinamiche famigliari, si fa di nuovo un gran parlare di “costellazioni famigliari”.

A renderle “famose” è stato il terapeuta tedesco Bert Hellinger, che ha avuto il pregio di organizzare ea coordinare antiche conoscenze e moderne acquisizioni dando una struttura a questo metodo straordinario e a renderlo più fruibile ad un vasto pubblico.

Ma, esattamente, cosa sono e da dove si originano le Costellazioni Famigliari o meglio quelle che io preferico chiamare le “modalità costellative”?

In realtà le “modalità costellative” hanno una origine più antica e sicuramente molto più legata al mondo simbolico e archetipico. Non tutti sanno, infatti, che Bert Hellingher a 20 anni fu ordinato sacerdote e partì come missionario in Sud Africa, dove rimase per lungo tempo (circa 16 anni dal 1952 al 1968) presso la tribu’ degli Zulu. Questa sua esperienza, oltre a dargli una apertura “teosofica” rispetto al suo sentire religioso, lo portò anche a entrare in contatto con gli “sangoma”, cioè gli sciamani Zulu e il loro potentissimo culto degli antenati: per gli Zulu, infatti, gli spiriti familiari possono  intervenire nella vita di ognuno, cancellando le malattie e i dolori oppure infliggendo punizioni. Sono proprio gli Sangoma, figure mistiche (solitamente femminili) che mantengono la “comunicazione” con gli antenati e ne rivelano le intenzioni attraverso una serie di pratiche.

Nello stesso periodo, qualche anno prima, un altro grande studioso, Carl Gustav Jung, entrò in contatto ed ebbe modo di studiare la cultura Zulu attraverso la sua amicizia con Laurens van der Post, un esploratore sudafricano che effettuò le sue ricerche sugli ultimi rappresentanti dei Boscimani. Jung considerava l’Africa e le sue culture legate ai culti degli antenati, una sorta di “memoria genetica colletiva”.[1]

Entrambi questi grandi studiosi ci dicono quindi una cosa molto importante: la “modalità costellativa” (così mi piace chiamarla senza darle una connotazione specifica, come per tutte le tecniche che hanno a che fare con il mondo simbolico), appartiene ad una zona fenomenica, che nulla ha a che fare con il sapere razionale e le “conoscenze” così come noi siamo abituati a pensarle. È un serbatoio di memorie cosmicamente conservate che, pur distinte dalla memoria personale, sono fortemente connesse ad essa e la influenzano fortemente.

Questo serbatoio cosmico è impresso biologicamente nella nostra area limbica, che, attraverso potenzialità ancora non del tutto evidenziabili[2], ma tangibilmente sperimentabili, crea quel campo morfico nel quale si esprimono le memorie e le esperienze animiche dei nostri avi. Gustav Jung non utilizzò mai la  modalità costellativa nelle sue terapie, ma le sue intuizioni furono riprese da Bert Hellinger, durante i suoi studi di psicanalisi (dal 1968 al 1972) presso il “Wiener Arbeitskres für Tiefenpsychologie”: immediato fu fare il parallelo tra l’influsso degli antenati nella religiosità Zulù e il ruolo dei sangoma nell’identificazione degli influssi sui discendenti, che venivano estinti con la ritualità.

Tre altri studiosi hanno avuto una grande influenza sulla struttura delle Costellazioni Famigliari così come Hellinger le ha formalizzate e le vediamo oggi: il primo fu il terapeuta californiano Artur Janov, presso il quale Hellinger fece nove mesi di terapia. Yanov promuoveva una “terapia catartica”, che prevedeva gestualità drammatiche attraverso cui il paziente veniva condotto agli stati originari neuro-fisiologici degli eventi traumatici. Il secondo fu Eric Berne e la sua psicologia transazionale: “copioni di vita” riguardanti i comportamenti familiari, che passano (transazione) di generazione in generazione attraverso i legami parentali e familiari. Il terzo e forse quello decisivo fu Jacob Moreno con la sua terapia dello psicodramma, basata sulla “messa in scena” di emozioni, ricordi, tensioni del  partecipante, che viene collocato in scena con personaggi “ausiliari” che interpretano persone connesse con la vita del partecipante, attraverso la presenza di un “direttore”, che guida lo psicodramma.

Negli anni 80 già le Terapie Famigliari Sistemiche facevano uso di modalità costellative di cui lo stesso Hellinger fece esperienza, prima con Thea Luoise Schönfelder e successivamente con gli stessi ideatori della Terapia Familiare Sistemica Ruth McClendon e Leslie Kadis e grazie anche alla conoscenza della teoria del Campo Morfico di Rupert Sheldrake elaborò definitivamente la sua teoria ce prese il nome di “Costellazioni familiari” da un saggio di  Jung[3], che attingeva metaforicamente a un’immagine astronomica, ma che rendeva il concetto di connessione tra i membri familiari.

Oggi, al di là delle Costellazioni Sistemico Famigliari di Bert Hellinger, la modalità costellativa viene applicata in vari contesti e in varie forme. In particolare, soprattutto la dove si pone l’attenzione al dato simbolico e archetipico, si dà maggiore spazio alla spinta animica e alle sue manifestazioni simboliche. In particolare, nelle Costellazioni Biosimboliche  la percezione della “memoria generazionale”  e’ affidata alle rappresentazioni biologiche, in assoluto ascolto, senza porre interpretazioni provenienti da conoscenze “razionali”. Lo spazio del corpo viene vissuto in base alle manifestazioni di quella “anatomia simbolica”, che rappresenta l’ologramma del nostro mondo biologico e che ne determina il funzionamento. In tal senso ogni linguaggio simbolico può essere di aiuto, determinando il contesto narrativo della modalità costellativa e veicolando, in quanto simboli archetipici, le informazioni della memoria generazionale collettiva.

 

 

 

 

 

 



[1] “Mentre lavoravo al mio albero genealogico, ho capito la strana comunanza di destino che mi lega ai miei antenati. Ho fortemente il sentimento di essere sotto l’influenza di cose o problemi che furono lasciati incompleti o senza risposta dai miei genitori, dai miei nonni, dai miei bisnonni e dai miei antenati. Mi sembra spesso che ci sia in una famiglia un karma impersonale che si trasmette dai genitori ai figli”. “Mi è sempre sembrato di dover rispondere a problemi che il destino aveva posto ai miei antenati, e che non avevano ancora avuto risposta; o di dover portare a compimento, o anche soltanto continuare, cose che le età precedenti avevano lasciate incompiute”. (Ricordi, sogni, ricordi: Ma Vie, 1955)


[2] Sempre Jung nel 1948 ebbe ad affermare in una esposizione alla “Society for Psychical Research” a Londra: “Io dubito – lo confesso apertamente – che una metodologia e una riflessione esclusivamente psicologiche possano venire a capo dei fenomeni in questione. Non soltanto le costatazioni della parapsicologia, ma anche le mie stesse riflessioni teoriche (1946), mi hanno condotto a certi postulati che toccano la sfera delle rappresentazioni della fisica atomica, ossia del continuum spazio-tempo”.


[3] C.G. Jung, Die familiäre Konstellation 1909