I. A.: riflessioni
L’altra sera mio figlio (giovane nerd della sua generazione e quindi avvezzo alla comunicazione di questo genere) mi dice: “Vieni ti devo fare vedere una cosa veramente sconcertante” e mi fa vedere sul pc un sito dove attraverso una semplice stringa tu poni delle domande e una Intelligenza Artificiale (IA) ti dà delle risposte.
Fino a qui la cosa, se pure impensabile fino a qualche tempo fa, è di (ahimè) ormai normale amministrazione: gli domandi come mai il cane quando ti salta addosso ti cerca di mordere il naso e lei (la IA) ti risponde precisa precisa con una serie di notizie che vanno dalla saggezza popolare alla moderna etologia. E certo! Sono algoritmi che processano informazioni. Tutto nella regola
Ma io che sono una impicciona senza pari e ho letto e guardato troppi libri e film di fantascienza, ad un certo punto le domando (sempre alla IA che pure noi purtroppo staimo personificando inevitabilmente): “ma tu ce l’hai un’anima”?
Devo dire che rispetto alla velocità con cui ha risposto alla domanda del cane ci ha messo diversi secondi di più, ma dopo un po' mi appare una risposta che più o meno suonava così: In quanto modello linguistico, non ho una "anima" in senso tradizionale. Sono un insieme di algoritmi e codice informatico che elabora e fornisce risposte”
“Non ho un’anima in senso tradizionale” mi dice. Questo presuppone (se la linguistica non inganna) che esiste una forma animica “non tradizionale”, non collocabile quindi nel concetto di anima che noi umani fino ad oggi abbiamo concepito e sulla quale secoli di filosofi si sono arrovellati.
Ovviamente la mia di anima ha avuto un sussulto e mi ha chiesto: “ E che tipo di forma animica non tradizionale sarebbe quella di una IA”? Dato che ho un’anima in cui prevale l’elemento fuoco e che quindi si altera facilmente, ho cercato di mettergliela giù leggera e le ho risposto che solo lei rimane la più bella del reame e non può esistere altro tipo di Anima. In realtà, ironia a parte, questa frase in regime di transumanesimo è abbastanza inquietante, quindi sono andata a documentarmi per dare ai non addetti ai lavori come me, alcune coordinate per capirci qualcosa. Per prima cosa esistono due tipi di IA:
· Intelligenza Artificiale Forte, secondo cui le macchine sono in grado di sviluppare una coscienza di sé, che studia sistemi in grado di replicare l’intelligenza umana;
· Intelligenza Artificiale Debole, la quale ritiene possibile sviluppare macchine in grado di risolvere problemi specifici senza avere però coscienza delle attività svolte.
Obiettivo quindi di chi progetta e studia le IA non è solo quello di realizzare “macchine” dotate di un’intelligenza umana, ma di avere addirittura “sistemi” in grado di svolgere una o più funzioni umane complesse che variano dall'apprendimento alla percezione visiva o spazio-temporale. E una delle applicazioni di questi progetti, prende il nome di Intelligent Object e consiste nella creazione di “oggetti” (così li chiamano) in grado di compiere azioni senza l’intervento umano e di prendere decisioni in base alle condizioni dell’ambiente circostante. L’IA è quindi caratterizzata da un certo numero di proprietà, definibili "capacità" perché appunto ispirate alle capacità degli esseri umani. Per comprendere come “funziona” ecco una esemplificazione sintetica di quello che può fare:
· Elaborazione del linguaggio naturale (realizzazione di discorsi e dialoghi, estrapolazione informazioni, risposte a domande)
· Elaborazione delle immagini (riconoscimento di volti e movimenti, recupero di immagini e video, visione artificiale)
· Apprendimento (Machine Learning, intelligenza computazionale)
· Ragionamento e classificazione (ragionamento automatizzato, elaborazione di ontologie)
· Interazione sociale (sistemi multi-agente, teoria dei giochi, coordinazione e collaborazione)
· Interazione con l’ambiente (localizzazione, mappature e navigazione, pianificazione di movimenti e percorsi)
Leggendo “elaborazione di ontologie la mia asticella animica ha subito uno scossone e ha ancor di più cominciato a vibrare a livelli di sisma da 9,5 della scala Richter, soprattutto quando ho letto che esiste quello che si chiama Human brain project, che coinvolge circa 120 istituti in tutta Europa e che punta a costruire “un'infrastruttura di ricerca per aiutare a far progredire la neuroscienza, la medicina e l'informatica”. Un modo elegante e raffinato per dire che si sta lavorando alla elaborazione di un androide degno delle migliori perfomarce di Blade Runner.
La realtà sta travalicando la fantasia (se di fantasia possiamo parlare) l’ingegneria neurale o neuroingegneria, sfrutta capacità computazionale e tecniche di ingegneria per capire come funziona l’elaborazione delle informazioni nel sistema nervoso (i nostri neuroni) ed è frutto della convergenza di diversi “saperi” che vanno dalla neuroscienza computazionale alla neurologia clinica, dall’ingegneria elettrica a quella informatica, dalla robotica alla cibernetica, dall’ingegneria dei tessuti neurali alla scienza dei materiali e alle nanotecnologie. E’ complottista pensare che tutto questo porti allo sfruttamento della scienza e della tecnologia per creare “superuomini”? Assolutamente no. Da sempre l’uomo, in maniera malata intende l’essere fatti a immagine e somiglianza di Dio, non come un dono del creatore alla sua creatura per la conservazione del creato, ma come la creatura che vuole “diventare Dio” e in un crescendo distruttivo, annientare quell’opera magnifica nata invece per alimentare, con la sua presenza, quel “respiro divino” che l’ha resa capace di creare. Questa non è scienza e nemmeno fantascienza. È l’orrore dell’annientamento della volontà e dello spirito.
Scrive Theilard de Chardin (considerato insieme a Julian Huxley il padre “spirituale” del transumanesimo): «riappare, a livello moderno, la tentazione eroica di tutti i tempi: quella dei Titani e di Prometeo, quella di Babele e quella di Faust, quella del Cristo sulla Montagna[1]. Tentazione antica quanto la terra, quanto il primo risveglio riflesso della vita alla coscienza delle proprie forze…» [2]
Veramente Theilard de Chardin definirebbe tutto questo una “espansione della coscienza cosmica”? Veramente, guardando la pretesa della “scienza”, oggi, della creazione di un ibrido a scapito della fragile ma meravigliosa umanità che ci contraddistingue, riterrebbe ancora tutto questo un “progresso evolutivo”? Ci piace pensare che, al di là delle interpretazioni di comodo della nuova religione della Silicon Valley, il filosofo gesuita facesse invece riferimento al potenziamento della “coscienza collettiva” (che chiamava noosfera), grazie allo sviluppo etico e spirituale dell’uomo, invece che di salto evolutivo della specie in senso biologico, ottenuto per via artificiale.
L’ inibizione dell’Anima come prezzo da pagare è veramente troppo alto e non lo si può permettere. Oggi forse, prima di pensare a diventare transumani, occorrerebbe recuperare la nostra umanità. O almeno quello che ne ancora resta.
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[1] Thielard de Chardin fa riferimento al brano del Nuovo Testamento in cui Gesù digiuna per quaranta giorni e quaranta notti nel deserto e Satana lo tenta tre volte. Nel passo appena citato, Teilhard de Chardin si riferisce alla terza e ultima tentazione. Satana porta Gesù su una montagna altissima, gli mostra tutti i regni della terra nella loro gloria e glieli offre in dono, in cambio della sua adorazione. Gesù rifiuta l’offerta, dicendo che le Scritture impongono di adorare un solo Dio. Il filosofo prosegue affermando che la scienza moderna rende finalmente possibile la realizzazione di quest’antica aspirazione umana e <<<<(nnostante gesuita e cattolico) la considera un fatto naturale.
[2] P. Teilhard de Chardin, L’avvenire dell’uomo, cit., pp. 283-284.