La Vocazione

Il termine che solitamente si associa all’apparato respiratorio è “pneuma”. La parola deriva dal greco πνεῦμα che, come tutte le parole greche era “polisemantica”, cioè aveva più di un significato. Letteralmente il suo significato primario era quello di “soffio”, derivato dal verbo πνέω “soffiare”, che indica anche l’atto stesso (fisiologico) del respirare. Contemporaneamente però, esso assumeva vari significati, soprattutto in ambito filosofico, in cui veniva associato a ψυχή (l’anima) e veniva utilizzato per designare contemporaneamente il “principio vitale cosciente” sia di ogni organismo fisico, che dell’intero universo e dello spirito. Questa stessa molteplicità di significati la troviamo anche nella lingua ebraica, in cui il termine חור (ruah vento/respiro) in senso più estensivo, indica un “movimento”, una azione attivante, che non si limita a se stessa ma che ha la potenza, in questo movimento, di far scaturire la vita.  Bara-šit-bara (crea, si ritira, crea Elohim), queste sono le prime parole della Genesi: luce-tenebra-luce, il ritmo a due tempi della inspirazione/espirazione. Per questo motivo il termine ruah è molto utilizzato nei testi sacri ebraici (ricorre 378 volte nell’Antico Testamento) indicando spesso l’agire concreto di Dio nella storia. Nel capitolo precedente abbiamo visto come in Genesi Dio crei Adamo dall’argilla (la terra rossa) e gli dia vita attraverso il suo soffio.[1] Questa “azione di Dio” collegata al sistema circolatorio (espressione della “forza dell’esistenza”) dal punto di vista biosimbolico, lo mette in stretta relazione con quello respiratorio (espressione della “visione dell’esistenza”), in un binomio inscindibile che ci dà la misura della “predisposizione alla vita” di ognuno di noi (forza+visione).

Il simbolismo dell’apparato respiratorio è quindi intimamente collegato a come manifestiamo il nostro approccio alla vita. In questo senso è interessante notare come già dalla nascita l’atto del respirare segna il passaggio dall’elemento Acqua (il liquido amniotico, la profondità dell’inconscio primordiale) all’elemento Aria espressione del contatto con la realtà/esperienza per lo sviluppo della coscienza. Nel respiro si sperimenta in ogni istante la dualità sempre compresente della vita (inspirazione) e della morte (espirazione), ma si esprime al contempo anche l’ampiezza e la libertà del nostro essere, della scelta dello spazio vitale adeguato alle nostre esigenze e dello scambio e relazione continua tra noi e il mondo esterno. In un atto così naturale e automatico, si completano il lato conscio e inconscio dell’uomo: inspirando, attraverso un atto volontario, attivo (archetipicamente maschile) si interiorizza la realtà esterna, l’ampiezza di tutte le nuove esperienze; di contro, nella espirazione, in un movimento involontario, di abbandono (archetipicamente femminile) il corpo ritorna alla quiete e al vuoto rendendo “comprensibile all’esterno” ciò che la nostra parte profonda ha rielaborato della realtà interiorizzata. Potremmo definire quindi l’apparato respiratorio come un sistema a doppia entrata: conscio/inconscio, interno/esterno, simbiosi/distacco, maschile/femminile, volontario/involontario. Il sistema che alla nascita ci dà il nostro primo “senso della realtà” e al termine della nostra esistenza, con l’ultimo respiro, apre il passaggio al “respiro dell’oltre”.

Il respiro, quindi, manifesta la presenza del nostro daimon,[2] l’ essenza e la rappresentazione della nostra luce e oscurità, l’informazione primaria che ci dirige verso i nostri talenti e la nostra evoluzione interiore. C’è un’intima commessione tra il respiro e il daimon: il respiro disegna lo spazio tra noi e il mondo, il daimon manifesta continuamente, noncurante delle nostre resistenze e cecità, la motivazione per cui siamo al mondo. Daimon è probabilmente riferibile al greco δαίμων -ονος, che significa letteralmente “distribuire destini”. Come il respiro ci manifesta la visione della nostra esistenza, il daimon ci assegna (e ricorda continuamente) il nostro destino personale,[3] manifestando la sua presenza con una esplosione di creatività nella nostra vita quotidiana, cercando di creare un ponte di comunicazione tra l’Anima e la Ragione,  un “soffio”, che ispira tutto ciò che c'è di invisibile di una persona e non solo.

Ancora una volta ci vengono in aiuto, per l’aspetto simbolico, le antiche tradizioni. In quella cabalistica, in particolare nell’albero sephirotico, il respiro è associato alla sephiroth Tiferet (bellezza). Tiferet è la sefirà che si incarica di armonizzare i due opposti mondi di Chesed (Amore) e Ghevurà (Rigore) ed è costituita da tanti colori riuniti insieme, cioè dal coesistere di tante tonalità e caratteri diversi, integrati in un’unica personalità.  In Astrologia medica (Melothesia) l’apparato respiratorio è governato da due segni zodiacali diversi: il Toro e i Gemelli. Il Toro (segno di Terra - femminile), le cui caratteristiche sono pazienza, determinazione, placidità e capacità di godersi la vita, è associato alla gola e alla laringe (parola e comunicazione); il segno dei Gemelli (segno di Aria - maschile) le cui caratteristiche sono la novità, il movimento, l’attività, la conoscenza e la relazione con gli altri, è associato a polmoni, trachea, bronchi, alla respirazione in generale e alla ossigenazione del sangue. Per quello che riguarda i pianeti invece Venere (pianeta governatore del Toro e che presiede alla funzione affettiva e al rapporto con il benessere) è associato alla gola; Mercurio (governatore dei Gemelli e che è collegato al pensiero razionale ed alla comunicazione) governa polmoni e bronchi e la respirazione in generale. Va notato che entrambi questi pianeti sono pianeti “personali”, ovvero definiscono e agiscono sulla personalità del singolo individuo.[4] La correlazione apparato cardiocircolatorio e respiratorio viene poi ribadita dalla Medicina Tradizionale Cinese (MTC), per la quale il cuore-organo è il ministro di stato che esegue gli ordini del cuore-centro-imperatore, il polmone è il ministro di stato che collega lo stato all’ordine celeste imperiale. È dunque l’ordine stesso del cuore-centro.[5] E’ il “soffio vitale” che possiede un ruolo fondamentale nell’origine e nel mantenimento dell’esistenza: il Cielo “promuove l’iniziativa della vita” che viene “raccolta e portata a compimento” dalla Terra (conciliazione degli opposti). Il termine con cui i cinesi definiscono questo “soffio vitale” è qi. L’ideogramma che lo rappresenta contiene due figure, una che rappresenta il riso (la parte materiale/yin), l’altra che rappresenta una nuvola di vapore (a rappresentare la parte “energetica”/yang).



A fronte di tutto questo il simbolo archetipico legato all'apparato respiratorio non poteva che essere che quello del Cercatore/Viaggiatore, indice di rinascita, cambiamento e trasformazione. Questo archetipo si lega all’idea della realizzazione del se, del proprio talento, mettendo da parte ogni legame transgenerazionale e creando la propria innovazione. Il simbolo della vocazione si attiva sempre per impulso spirituale nel momento in cui l’individuo si rende consapevole del senso di prigionia della propria anima avvolta da un senso di vuoto perchè privata del suo "respiro" originario. E' quindi un aspetto simbolico che porta l’individuo a ritrovare il proprio sentiero, toccando qualsiasi ambito: lavorativo, relazionale, culturale, sociale. Nell'ascoltare la risposta biologica che arriva dal sistema respiratorio inizia una chiamata volta al comprendere il senso della propria vita e del reale talento fino a quel momento nascosto o soffocato.  

L'attenzione del percorso biosimbolico in questo caso è volta a evitare che questa questa chiamata sia vissuta con paura, come una tempesta che potrebbe sconvolgere tutte le "certezze" che le false zone di comfort hanno costruito intorno a noi. Il nostro corpo ci sta parlando, dobbiamo decifrarlo nella maniera appropriata, trasformando il limite in una risorsa ed evitando di perdersi senza impegnarsi davvero in nessun obiettivo o controllando la smania di perfezionismo. Per proseguire nel suo cammino di crescita indipendente, la persona deve sviluppare un forte senso di fiducia personale nella propria vocazione individuandola correttamente scoprendo altri modi di esprimerla nella vita che già conosce. La nostra vocazione ci porterà nel tempo a comprendere chi siamo, qual è lo scopo della nostra esistenza e il suo ruolo e nel contempo ci aiuterà a liberarci di paure, attaccamenti, stereotipi e modelli.


[1] La creazione di Adamo viene narrata nel libro della Genesi in due brani distinti: il primo in 1,26-28.31 e il secondo in Gen 2,4-9.15-25.


[2] Il concetto di daimon, così come raccontato nel mito di Platone, è stato ripreso da C.G. Jung e da J. Hillman che ne hanno fatto un concetto cardine della psicologia analitica.


[3] Il mito di Er narra di come l’anima, prima della nascita, scelga il proprio destino: un disegno da vivere sulla terra, un’immagine primordiale da seguire. Per onorare questa scelta, le viene donato un genio tutelare che la possa guidare: il daimon. Questo compagno è partner solo dell’anima a cui è stato assegnato e ha la funzione di ricordarle il suo destino e di assicurarsi che venga realizzato.


[4] La Luna, il Sole, Mercurio, Venere e Marte sono pianeti definiti personali in quanto agiscono sulla personalità del singolo individuo mentre Giove e Saturno sono considerati pianeti sociali perché agiscono a livello di relazioni fra le persone e di interazione tra l’individuo e l’ambiente.


[5]Annick de Souzenelle. Il simbolismo del corpo umano (Italian Edition) (pp.312-313). Servitium.