Scelgo la Pace

Pensare non a quello che non si vuole e che si vuole evitare, ma a quello che si desidera e si ambisce raggiungere.” (Vadim Zeland – Reality Transurfing. Le Regole dello Specchio)

In questo periodo molte persone mi chiedono come mai io non scriva nulla sulla “guerra”. E io rispondo: semplice, perché la guerra non rientra nel mio sistema emotivo e la ignoro.

Ovviamente la domanda seguente è (e più che una domanda è già di per sé una affermazione giudicante che non corrisponde per nulla al mio reale sentire): “ma come tutta questa gente che muore e tu non te ne rammarichi”?

In queste due semplici domande è contenuta la matrice cognitiva di questo sistema ormai al collasso. Le coordinate fondamentali che muovono questo sistema sono fondamentalmente tre:

·       La cultura dell’emergenza

·       La cultura della morte

·       La cultura della problematizzazione senza limiti

In realtà la parola che mi è venuta in mente mentre scrivevo l’elenco puntato è stata “coltivazione”. Eh, sì, perché queste tre “piante” sono quelle che vengono “coltivate” da questo sistema distopico nel nostro terreno interiore. La stessa etimologia del termine “cultura  risale al verbo colere, e rinvia (appunto) all’idea del coltivare la terra. Il che ci porta a fare alcune riflessioni importanti (oggi è la giornata dei punti elenco):

1.        Quando coltiviamo qualcosa lavoriamo sul qui ed ora ma anche sul futuro. Quella piantina diventerà un frutto e i frutti della realtà interiore dovrebbero avere la stessa libertà di crescere e non subire manipolazioni (cosa che realtà non accade nemmeno in agricoltura, vedi gli OGM)

2.       Lavorare la terra implica una relazione, una circolarità, una fluidità tra l’uomo e la natura.

Cosa ci portano a concludere queste due semplici riflessioni? Che la cultura è fondamentalmente una relazione, uno scambio reciproco derivato dalla cura e legata a cicli e leggi naturali e universali.

Immagino adesso il mio probabile lettore che starà pensando: “ma che ci azzecca tutta sta manfrina con la guerra e con la pace”?

Caro lettore tutto ci azzecca, tutto è collegato, tutto è amore e tutto è possibile.

Se io vivo in un sistema dove continuamente  portano messaggi, propongono storie e visioni del mondo e formulano teorie che hanno l’intento di  guidare il mio sentire e  costringermi a vivere il mio quotidiano secondo una sceneggiatura prestabilita, io questo sistema non lo riconosco come “il mio sistema” e di conseguenza, non riconosco questa cultura di morte e di guerra come la mia. E, capace come sono di potere creare un altro sistema, lo progetto, lo creo e lo condivido con chiunque voglia entrarne in risonanza.

Il lettore, tra il sarcastico e l’incuriosito a questo punto mi chiederà: “e vediamo, cosa prevederebbe questo magnifico nuovo sistema?

 E io, paziente e collaborativa  gli propongo il punto elenco alternativo a quello iniziale:

·       La cultura della Pace

·       La cultura della Vita

·       La cultura delle Soluzioni e del Beneficio

Un sistema diverso prevede la possibilità di scoprire più profondamente il significato dell’essere liberi di pensare e di scegliere, di credere in ciò che apparentemente non sembra possibile, di sperimentare le capacità di costruzione e non di distruzione che possono essere manifestate dall'essere umano. La capacità di comprendere che dove c’è manipolazione, falsità, interessi e guerre, non si puo’ culturalmente “coltivare il progresso”. E tutti possiamo praticare e incarnare tutto questo, non è necessaria una “santità” per farlo. In ogni nostro semplice gesto, quando riusciamo a liberarci dai limiti e dai condizionamenti, è contenuto il seme per la elevazione della coscienza spirituale collettiva.

Non desiderare la guerra nel proprio sistema interiore non significa ignorare la sofferenza e la morte e non farsene “carico”. Anzi è tutto il contrario, scegliere il Sistema della cultura della pace significa osservare e trovare le soluzioni. Tanto per fare un esempio, il Buddha, dopo la sua illuminazione, non rimase seduto sotto l’ albero ma tornò tra la gente, per agire e manifestare quello che il suo osservare interiore gli aveva permesso di realizzare.

Mio caro lettore, se tu vuoi delle “evidenze scritte di tutto questo ti dico che nella Carta Universale dei Diritti Umani, libertà e la felicità sono un DIRITTO. Un Sistema di Pace garantisce questo diritto, non con la lotta, non con la contrapposizione e la guerra, ma con la progettazione, l’azione, l’equilibrio delle risorse, la realizzazione dei progetti condivisi, pur nella diversità.

La realtà non si muove  fuori di noi, ma viene creata da noi. Il mondo è un nostro specchio un riflesso di ciò che inviamo in esso. Il mondo che vivo può essere un inferno, devastato da guerre, soprusi, vantaggi per i signori della guerra o un paradiso dove poter cominciare a creare un sistema diverso in cui non solo ricevo, ma trasmetto responsabilmente qualcos'altro, che scelgo coscientemente.

Per questo la guerra non rientra nel mio sistema emotivo e non ne parlo, non le do importanza.

Per questo scelgo la vita, la pace, la gioia e la gratitudine. Perché ogni mio pensiero verso questa direzione può essere una goccia che può costruire un oceano. Ogni cosa esistente prima era un “idea” un sentimento, una intuizione e poi si è materializzata. Pensare alla Pace, significa cominciare a materializzarla, a costruirla. Fino a vedere realizzato un Sistema di libertà e di Felicità. Tutto è possibile, a dobbiamo credere e agire (dentro di noi e fuori di noi) perchè che sia possibile.

 

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